IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sciogliendo la riserva di cui al verbale 19 febbraio 1996 in ordine al reclamo ex art. 669-terdecies proposto da: condominio Lungomare Duca degli Abruzzi n. 28/c - Roma; condominio Lungomare Duca degli Abruzzi 28/4 - Roma; condominio Lungomare Duca degli Abruzzi n. 28/H - Roma in persona dei rispettivi amministratori pro-tempore nei confronti di: Societa' nazionale edile Vittoria; Francesco Luigi Porcu; Antonio Inchingoli; Giuliana Cardoni; Anna Sansone; Antonio Di Marzio; Gianni Alesandrelli; Erminia Lozzi; Ente di Culto "Povere Figlie delle Sacre Stimmat"; Terzo Migliori; Concetta Castrogiovanni; Antonio Felici; Paola Cerciello; Rifredo Baldinelli; Walter Gabella; Maurizio Cappiello; Salvatore Cappiello; Sandro Vivio; Claudia Neri, avverso l'ordinanza 13 giugno 1995 con la quale il pretore di Roma ha rigettato l'istanza dei predetti condomini di reintegrazione nel possesso del piano interrato sottostante i villini "C", "D", "G", e "H" siti in Roma, Lungomare Duca degli Abruzzi, 28; - Premesso in fatto che nel richiamato provvedimento di rigetto dell'interdetto il pretore ha disposto la prosecuzione del giudizio nella fase di merito innanzi al suo ufficio: Osserva in diritto Claudia Neri, Terzo Migliori, Francesco Luigi Porcu, Antonio Inchingoli, Anna Sansoni, Giuliana Cardoni, Antonio Felici, Paola Cerciello, Rifredo Baldinelli, Walter Gabelli, Maurizio e Salvatore Cappiello, l'Istituto Povere Figlie delle Sacre Stimmate, costituendosi nella presente fase, hanno eccepito la tardivita' del reclamo proposto dai condomini di Lungomare Duca degli Abruzzi nn. 28/C-G-H per essere stato lo stesso depositato quanto era, ormai, inutilmente decorso il termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento oggi reclamato. La circostanza non e' controversa in presenza di fatto (vedi dichiarzione resa a verbale dal procuratore cotituiti dei reclamanti) e tuttavia, l'eccezione, in quanto infondata in presenza di fatto, va rigettata. Secondo un orientamento pienamente condiviso da questo Collegio e anche di recente ribadito dalla Corte di Cassazione (v. sentnza 19 febbraio 1994, n. 1640), il 2 comma dell'art. 739 c.p.c., in applicazione di principi sanciti in via generale dal precedente art. 285, distinguendo le ipotesi di provvedimenti dati nei confronti di una sola parte da quelle di provvedimenti emessi nei confronti di piu' parti, prevede per queste ultime un meccanismo acceleratorio delle impugnazioni che, tuttavia, resta affidato all'esclusivo impulso delle parti. A differenza di quanto sancito per le prime ipotesi, nel caso di provvedimenti emessi, come nella fattispecie in esame, nei confronti di piu' parti, il termine per le loro impugnazioni va fatto decorrere, a nulla rilevando la comunicazione effettuata dal cancelliere, dalla eventuale notificazione ad istanza di parte. Orbene, non risultando effettuate nella vicenda in questione siffatta notificazione, non puo' ritenersi decorso il termine di cui al 2 comma dell'art. 739 c.p.c. richiamato dall'art. 669-terdecies e, conseguentemente, non possono dichiararsi i condomini di Lungomare Duca degli Abruzzi, 28 C-G-H decaduti dalla facolta' di proporre reclamo avverso il provvedimento richiamato in premessa. Cosi' decisa la prima delle questioni prospettate dalle parti, occorre, pregiudizialmente, verificare l'ammissibilita', in linea di principio, del reclamo avverso i provvedimenti adottati in sede sommaria nella materia possessoria. Pur non ignorandosi la recente pronucia della Corte costituzionale - Sent. 501/1995 - non sembra al Collegio che il giudice delle leggi sia stato posto in condizione di approntare ex professo la questione sopraindicata in quanto e' stata assunta a presupposto di quella decisione la tesi, argomentata dal giudice a quo, secondo cui sarebbero reclamabili i soli provvedimenti connessivi dell'interdetto possessorio e si e' motivatamente ritenuto che la pregressa sentenza additiva della stessa Corte n. 253/1994 - estensiva della reclamabilita' ai provvedimenti di diniego della cautela - spieghi i suoi effetti anche in relazione al procedimento possessorio, cosi' come ricostituite nella struttura dal giudice a quo. La' dove si ritengano reclamabili i provvedimenti adottati in sede sommaria sulla materia possessoria, dunque, e' da ritenersi che anche a quelli di diniego dell'interdetto sia applicabile la disciplina di cui all'art. 669-terdecies. Orbene, e' proprio la reclamabilita' di quei provvedimenti che, ad avviso di questo Tribunale, non puo' affermarsi sulla scorta delle vigente normativa, non sembrando sufficiente a fondere siffatte conclusioni il rinvio che il 2 comma dell'art. 703 c.p.c. fa "agli artt. 669-bis e seguenti". L'art. 74 della legge 353/1990 ha creato, con il metodo della novellazione, una nuova prima sezione del capo III del titolo I del libro IV del codice di rito, intitolato ai procedimenti cautelari, rinumerando le precedenti sezioni I, II, III, IV in rispettivamente II, III, IV e V. La nuova prima sezione prevede una disciplina unitaria dei procedimenti cautelari che funge da norma generale per i vari provvedimenti cautelari specifici, elineati nelle successive sezioni dello stesso capo. L'art. 669-quaterdecies dispone, poi, quale sia l'ambito di applicazione della predetta normativa. Tale norma prevede espressamente che le disposizioni della stessa sezione si applichino ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III e V dello stesso capo (sequestri, procedimenti di denuncia di sinova qua e di danno temuto, provvedimenti di urgenza), attesa la loro comune natura cautelare, oltre che a tutti gli altri provvedimenti cautelari previsti dal Codice civile e dalle leggi speciali. Il chiaro dettato normativo rende manifesta la volonta' del legislatore di riordinare unitariamente la procedura da seguire in materia cautelare e, nello stesso tempo, segna con precisione i limiti di applicabilita' della stessa, mettendo in luce due punti: 1) all'interno del Codice di procedura civile, devono intendersi come cautelari solo i procedimenti previsti dal capo III del titolo I del libro IV; 2) le norme della predetta prima sezione, salva diversa disposizione normativa, si applicano, all'interno della materia cautelare disciplinata dal codice di rito, soltanto ai procedimenti di cui alle sezioni II, III, V del capo III del libro IV. Il legislatore, quindi, lasciando fuori dai confini della materia cautelare i procedimenti possessori, sigilla con il crisma di una interpretazione autentica quanto sostenuto finora dalla dottrina circa l'estraneita' della materia possessoria dell'ambito cautelare. E' noto, infatti, che manca sul procedimento possessorio quel carattere di strumentalita' che e' elemento essenziale e distintivo dei provvedimenti cautelari; mentre tramite questi ultimi si mira unicamente ad assicurare la migliore riuscita del provvedimento principale, il procedimento possessorio tende ad impedire le turbative dello stato di fatto e le reazioni individuali che queste provocherebbero, considerandole piu' in se stesse e non in funzione del diritto eventualmtne da far valere in sede petitoria. Quanto detto per il procedimento possessorio in generale vale anche per la fase c.d. interinale dello stesso. Invero, la distinzione in due fasi non intacca la sostanziale unitarieta' del giudizio, in quanto la fase di urgenza si caratterizza come una sorte di anticipazione del giudizio finale, differenziandosi da quella di merito solo per la sommarieta' della cognizione, senza che fra le stesse si crei quel rapporto di strumenalita' che si e' detto essere connotato del procedimento cautelare. Esclusa, dunque, la materia possessoria dall'ambito di quelle elencate nell'art. 669-quatordecies c.p.c., occorre esaminare se ed in quale misura la disciplina di cui alla predetta sezione prima del capo III del titolo del libro IV sia richiamata dal legislatore in materia possessoria. Orbene, l'art. 703 c.p.c. - escluso dal richiamo operato dall'art. 669-quatordecies - e' stato anch'esso modificato dalla richiamata legge n. 353/190 (art. 77) che ha sostituito gli originari commi 2 e 3 con un unico comma secondo. Letteralmente, il testo originario disponeva che "il pretore provvede per la reintegrazione del possesso a norma degli artt. 689 e seguenti. Egualmente provvede sulla domanda di manutenzione, quando vi e' pericolo di danno grave e immediato; altrimenti fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a se' e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto", mentre il testo attuale prevede che "il giudice provvede ai sensi degli artt. 669-bis e seguenti. Come si e' sopra osservato e sottolineato in precedenti decisioni di questo tribunale, il richiamo fatto ai suddetti articoli avviene al di fuori della sedes materiae, essendo l'ipotesi del provvedimento possessorio estranea all'ambito cautelare, per cui ne derivano alcune evidenti incompatibilita' tra le disposizioni degli artt. 669-bis e ss. c.p.c. e materia possessoria. Cosi' come risultano applicabili al procedimento possessorio le norme in tema di competenza di cui agli artt. 669-ter e quater c.p.c., essendo la stessa diversamente regolamentata dagli artt. 703 e 704 c.p.c. Egualmente incompatibili sono gli artt. 669-septies ed octies attesa la suindicata natura unitaria del procedimento possessorio che rende superfluo la fissazione di un termine per l'inizio di un giudizio di merito che, sia pure sommariamente, e' gia' iniziata e che deve, necessariamente, concludersi con una sentenza. Per tali motivi l'applicabilita' della normativa di cui agli artt. 669-bis e segg. c.p.c. alla materia possessoria deve essere contenuto entro lo specifico ambito fatto palese dal senso logico dell'espressione usata dal legislatore e dal criterio interpretativo sia storico che sistematico. In particolare, si rileva che le norme sostituite dal nuovo secondo comma dell'art. 703 c.p.c. disciplinavano il modus operandi del giudice adito in materia possessoria, onde permettergli di emanare immediatamente gli idonei provvedimenti, in caso di spoglio e, ove necessario, di manutenzione. Con lo stesso scopo, l'attuale secondo comma del medesimo articolo, cosi' come novellato dalla legge n. 353/1990 - si limita a sancire che "il giudice provvede", volendo chiaramente limitare il richiamo alle sole norme che disciplinano i poteri e le attribuzioni del giudice durante la fase sommaria del procedimento possessorio e tra tali norme non rientra l'rt. 669-terdecies c.p.c. ("reclamo contro i provvedimenti cautelari"), che presuppone, invece, il completo esaurimento di tale fase. Nel senso delle argomentazioni finora prospettate, secondo valutazioni gia' espresse in precedenti decisioni, conduce, altresi', l'esigenza di conciliare armonicamente la nuova normativa con quelli che sono i principi del sistema, in ossequio al criterio interpretativo sistematico che induce a privilegiare la soluzione ermeneutica piu' coerente con l'ordinamento. Difatti, attesa la coincidenza dell'oggetto delle due fasi del giudizio possessorio e stante l'impossibilita' di separare la sommarieta' dal merito, il riesame del provvedimento possessorio, emesso dal pretore ai sensi dell'art. 703 c.p.c., da parte del Tribunale in qualita' di giudice del riesame finirebbe con l'anticipare il giudizio di appello, sempre di competenza dell'organo collegiale, condizionando il giudice monocratico al momento di emettere le sentenze conclusive della causa di merito, con palese attrito con i principi della autonomia dell'Ufficio giudicante e del doppio grado di giudizio. In conclusione, puer non ignorandosi le diverse soluzioni prospettate da altri giudici, questo Collegio e' dell'avviso che l'interpretazione delle norme sopra richiamate impone di escludere l'ammissibilita' del reclamo ex art. 669-terdecies avverso i prvovedimenti interdittali emessi sulla materia possessoria. La conclusione cui si e' pervenuti, peraltro, proprio in ragione delle argomentazioni addotte a sostegno delle decisioni di segno opposto, appare suscettibile d'ingenerare sospetti di incostituzionalita' del 2 comma dell'art. 703 c.p.c. con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Resta, infatti, da valutare se la ritenuta irreclamabilita' dei provvedimenti in questione comporti un minor grado di tutela del possesso rispetto alle situazioni nelle quali puo' invocarsi la tutela cautelare ed in particolare, la previsione solo fra queste ultime di un immediato riesame introduca una disparita' di trattamento, ledendo, contemporaneamente, il diritto di difesa come garantito dall'art. 34 della Costituzione. Esula dai compiti giurisdizionali di questo Collegio l'individuazione della soluzione da offrire alla prospettata questione che per essere rilevante nel presente giudizio in cui dovra', pregiudizialmente, accertarsi la reclamabilita' del provvedimento gravato, per essere non manifestamente infondata va doverosamente rimessa alla decisione della Corte Costituzionale. Anche al fine di evitare il rischio di differenti letture del secondo comma dell'art. 703 c.p.c. in relazione agli artt. 3 e 24 della Cost., si rende necessario sollecitare sulla prospettata questione una decisione del giudice delle leggi perche', con la forza vincolante della sua pronuncia, esprime il suo istituzionale giudizio di conformita' della norma ordinaria rispetto a quello costituzionale.